
Paranoia: un delirio lucido, fondato su un sistema di convinzioni illusorie che l’individuo crede reali. Questa la definizione che la neonata psichiatria diede a un disturbo clinico che affliggeva pazienti convinti di fatti che nella realtà non accadevano, come essere inseguiti, costantemente osservati, spiati, tenuti sotto controllo da un osservatore invisibile. facile però scambiare per un’ossessione quella che invece è una paura fondata su fatti reali.
È la stessa situazione in cui si trova Julia (Maika Monroe), una giovane donna americana, da poco trasferitasi a Bucarest insieme al suo compagno, Francis (Karl Glusman), che ha ottenuto una promozione sul lavoro. Nell’appartamento in cui i due si sono trasferiti, Julia nota la sagoma di un vicino che guarda sempre nella sua direzione dal palazzo di fronte, nascosto dietro le grandi finestre a vetrate; la sua paura è alimentata anche dalla presenza di un serial killer, ribattezzato ‘The Spider’, di cui i giornali locali riportano le efferate decapitazioni delle vittime.
La regista Chloe Okuno, al suo debutto al lungometraggio con Watcher, indugia da subito nel sottolineare la presenza di un osservatore, mimando il suo sguardo con le lente carrellate della telecamera dall’interno verso l’esterno dell’appartamento, che riflettono il punto di vista di un osservatore situato proprio in corrispondenza della finestra in alto a destra.
Le strade di Bucarest, complici i suoi complessi residenziali fatiscenti e i bui sottopassaggi della metropolitana, forniscono il paesaggio urbano perfetto per questo thriller dal sapore underground, in un costante alternarsi di interni ed esterni, il cui ritmo è lento ma ugualmente carico di tensione. L’occhio della telecamera è focalizzato su Julia, e la sua solitudine e l’incomprensione di cui è vittima portano lo spettatore a provare empatia per il suo personaggio, ma allo stesso tempo a nutrire il dubbio – fino alla fine – che si possa trattare, invece, di un fraintendimento – come quando è proprio il vicino a presentarsi alla porta di Julia e Robin con la polizia.
Watcher non è solo un thriller psicologico basato su un’ambiguità fra realtà e fantasia, o meglio, tra quanto accade nella mente e quanto nella realtà esterna; il film assume anche connotati di denuncia sociale e politica nel mostrare l’emarginazione di Julia nel momento in cui denuncia e prova a dimostrare che le sue paure sono fondate e non delle fantasie dovute alla solitudine o alla noia – proprio la lettura spesso offerta anche dai thriller stessi agli eventi che vengono messi in scena, e la stessa che il suo compagno in primis tenta di dare alle sue preoccupazioni, seguito poi dai vicini, dalla padrona di casa e dalla polizia. L’unica in cui Julia trova comprensione e solidarietà è la vicina di appartamento, una stripper di nome Irina, con cui stringe una tiepida amicizia.
Dall’inizio alla fine, la storia scorre verso un finale prevedibile, che non contiene sorprese, perché Iulia ha sempre avuto un sospetto, e non c’erano segnali che incoraggiassero una lettura diversa degli eventi: non è quindi nell’effetto sorpresa che vanno ricercati i pregi di Watcher, che non si pone come un giallo in cui l’investigatore cerca di risolvere un caso scoprendo il colpevole, ma nel suo saper mantenere alta la tensione, nel creare la giusta ambientazione e atmosfera e saper delineare una trama chiara ma avviluppante, sostenuta dalle ottime interpretazioni del cast, in particolare quella di Monroe. Senza scadere nella retorica, la regia di Okuno, essenziale e asciutta ma efficace, riesce a raccontare una storia lineare ma avvincente, concentrandosi sul suo personaggio principale, mettendo in scena tutta la dicotomia di fragilità e forza, osservata e osservatrice, vittima ma anche unica salvezza di se stessa, in un thriller che non crea situazioni nuove ma fa centro nel rappresentare e attualizzare gli stilemi del genere.