
31 Rob Zombie – Da Non aprite quella porta e Le colline hanno gli occhi, le strade sperdute del deserto americano hanno fatto da sfondo a numerose tragedie del cinema horror. Il film di Rob Zombie dimostra che nulla è cambiato. Ambientato nel 1976 (non a caso), ma uscito 40 anni dopo i due capostipiti già citati, 31 mette in scena il classico gioco al massacro: un gruppo di artisti circensi si ferma a fare benzina in mezzo al deserto, e poco dopo si troverà a lottare per la sopravvivenza in una casa degli orrori popolata da assassini psicopatici.
La natura ludica e il denaro su cui si regge tutto il gioco sono resi chiari fin da subito, e lo spettacolo offerto dall’annuale tradizione di 31 si contrappone allo spettacolo incarnato dagli artisti girovaghi. Il messaggio di Rob Zombie è chiaro: il nuovo intrattenimento è dominato da sangue e sesso. Il mondo stesso in cui si muovono i suoi personaggi è dominato dal sesso: ne sono una prova gli sguardi ammiccanti del vecchio proprietario della stazione di benzina, i movimenti di una ragazza che cerca di sedurre uno dei membri del gruppo (in realtà per capire se sono in possesso di armi), e l’argomento occupa una buona fetta dei dialoghi del film. Per arrivare infine ai vari psicopatici che i nostri eroi dovranno affrontare; il loro unico obiettivo è ucciderli tutti e, ovviamente, dominare sessualmente le donne del gruppo.
I 5 villain che il gruppo si trova ad affrontare prima del temibile Doomhead sono dei chiari personaggi cinematografici. Ad essi non viene attribuita alcuna umanità, e sono caratterizzati unicamente dal loro abbigliamento e dalle stanze da cui escono fuori. Non hanno neanche dei nomi, ma sono indicati come Sickhead, Schizohead, e simili. Sono solamente delle pedine in mano al regista (e al genere) per divertire lo spettatore. A rendere ancora più chiaro questo messaggio, il regista utilizza spesso una fotografia che fa risaltare i flare prodotti dalla poca luce disponibile, dunque esplicitando la macchina da presa. In contrasto a questo, i personaggi del gruppo sono inquadrati attraverso diversi zoom quasi documentaristici, dunque resi reali. Inoltre, numerose sono le citazioni a film di genere, come il nano nazista che sfiora le pareti con i coltelli come Freddy Krueger in Nightmare.
Nella dimora oscura in cui è ambientato 31 non c’è spazio per la famiglia: i legami tra i membri del gruppo, flebili e poco chiari già all’inizio della pellicola, vengono presto lacerati, e al loro posto rimangono degli individui isolati in lotta per la sopravvivenza.
L’impegno politico di Rob Zombie si manifesta però in tutta la sua potenza nella parte finale del film, in cui a entrare in gioco è un magnifico Richard Brake nei panni di Doomhead. Doomhead non è come gli psicopatici visti in precedenza. Innanzitutto, è lui ad aprire il film, con una lunga scena in cui sbatte in faccia allo spettatore tutta la violenza che seguirà. Ne vediamo inoltre tutta la preparazione prima di iniziare il massacro, e questo concorre a darne una (seppur minima e malata) caratterizzazione. Doomhead è dunque un personaggio reale, e assume ancora più materialità essendo l’unico dei villain ad uscire dalla casa dei giochi. Perchè al di fuori di quella sala oscura in cui tutto è divertimento (al di fuori del cinema), quando si torna alla luce, c’è una realtà in cui questa violenza, questo sfruttamento del debole, questo spettacolo fondato solo sul denaro, continua.
Ed è lì che fa veramente paura.
LEGGI QUI LA NOSTRA ULTIMA RECENSIONE!