
Il prequel del sexy horror X riesce ad alzare ancora di più le aspettative e l’asticella sia per quanto riguarda la regia di Ti West che – e soprattutto – l’eclettica performance di Mia Goth. Pearl, è stato presentato nella sezione Fuori Concorso del Festival del Cinema di Venezia lo scorso sabato 3 settembre, dove tra l’altro Ti West aveva già presentato nel 2013 il suo The Sacrament.
Girato come back-to-back ambientato nei primi decenni degli anni Venti il prequel racconta la storia di Pearl (Mia Goth, che qui diventa anche co-sceneggiatrice insieme a West), una giovane donna che lavora sodo e senza tregua nella fattoria di famiglia, bramando giorno e notte il ritorno del marito Howard dalla guerra in Europa – ma soprattutto sogna smaniosamente di poter sfondare come ballerina in quello che stava sviluppandosi come cinema. L’influenza spagnola ha già fatto molte vittime, tra cui il padre di Pearl, che si ritrova infermo in uno stato vegetativo, in grado solo di muovere lo sguardo. Il lockdown forzato, tra le altre cose, aumenta ancora di più la frustrazione e il comportamento sempre più inquietante di Pearl. La madre di Pearl infatti, è figlia della prima generazione di tedeschi immigrati oltreoceano e la sua freddezza mischiata alle regole ferree e alle paranoie di certo non aiutano la già labile stabilità mentale della figlia. Pearl, in una delle sua fughe da casa per andare al piccolo cinema in città, si invaghisce e ha una piccola avventura con il proiezionista, che incoraggia Pearl a non abbandonare il suo sogno di voler diventare una star cinematografica, consigliandole di fare il provino per una piccola compagnia di ballo itinerante. Ma Pearl, con le sue dita sempre strette e arricciate sul manico del forcone, non accetterà di buon grado un rifiuto di qualsiasi genere.
Il film è realizzato spaventosamente bene ed è avvincente. Si presenta come un pastiche di film della Golden Age insieme a tratti che ricordano Psycho e Il Mago di Oz. La fotografia vibrante e colorata infatti, è uno degli elementi più forti e rilevanti del film. Chiunque abbia la tentazione di guardare dall’alto verso il basso il genere horror potrebbe voler riflettere sul fatto che è proprio il regista Ti West ad aver aperto la strada nel commentare ciò che è l’attuale situazione mondiale: il suo film parla della pandemia e di come il lockdown faccia da incubatore per paure e disfunzioni. Come il primo film, anche questo è ambientato in un singolo luogo (single location picture), anche se ci sono scene abilmente gestite al di fuori della fattoria: Pearl che va a fare spesa e beve di nascosto la morfina che sua mamma le ha chiesto di comprare, e ancora, quando si intrufola nel cinema nonostante le fosse stato severamente proibito.
Senza la grandiosa performance di Mia Goth tutto questo non sarebbe possibile. Ne è una prova la scena catartica del film in cui la cognata di Pearl (Emma Jenkins-Purro) le chiede di dirle ciò che desirerebbe dire al marito assente, ottenendo come risposta un flusso di coscienza orrorifico e fuori controllo. La sequenza durante i titoli di coda riesce ad alzare ulteriormente l’asticella e fa pensare solo ad una cosa: Mia Goth è la Judy Garland dell’horror e si merita qualcosa di più di un Leone D’Oro.