Midnight Mass- Recensione

Written by Chiara Volponi

Dicembre 2, 2021

“That’s what it means to have faith. That in the darkness, in the worst of it, in the absence of light and hope, we sing.” 

Midnight Mass Recensione – Ultimo lavoro di Mike Flanagan (Hill House, Bly Manor), distribuito da Netflix il 24 settembre 2021.

L’ultima antologia di Mike Flanagan, Midnight Mass, cerca di rispondere ad una domanda:  come affrontare il dolore della perdita e l’oscurità che porta con sé?  Se diamo un’occhiata ai suoi precedenti lavori (storie di fantasmi e attività paranormali) è difficile considerare Midnight Mass un horror. È un insieme di tutte le condizioni umane, schiacciate e amalgamate durante la loro esistenza.  

Flanagan è più interessato alla compassione, alla speranza – o meglio alla mancanza di  speranza degli esseri umani – all’amore, ma soprattutto alla disarmante apatia nei confronti del prossimo. È velato ciò che sta dentro ogni essere umano: un enorme buco nero che inghiotte tutto, finché non rimane più nulla. Guardando più a fondo però, c’è un piccolo barlume di luce che riesce in qualche modo a brillare in mezzo a tutta l’oscurità.  

I protagonisti sono Zach Gilford, Kate Siegel, Rahul Kohli, Hamish Linklater e altri personaggi  più o meno noti. La serie inizia come finisce: lasciando gli spettatori nel caos e nella confusione più totale. Ma l’importante è il come ci si è arrivati. Riley Flinn (Gilford) torna nella sua isola natale, Crockett Island, che conta più o meno 120 abitanti, dopo aver passato tre anni in galera per omicidio colposo, Riley è ironicamente costretto a tornare nell’unico posto nel quale ha giurato non sarebbe mai più tornato. Chissà, magari è proprio casa sua il luogo in cui troverà di nuovo sé stesso. 

La realtà è che la storia di Riley è solo un piccolo granello di polvere cosmica in mezzo all’enorme nebulosa che è questa storia. Tutti soffrono. Tutti provano a sopravvivere. Ma soprattutto, tutti hanno perso la speranza. Midnight Mass, riguarda proprio il ritorno di quest’ultima . Dando un significato al lutto e alla perdita. La trama del prete che torna e che libera questa bestia proclamandolo angelo di Dio è solo una distrazione, o qualcosa del genere. Il vero fulcro della serie è l’incessante dubbio umano. Il dubbio del continuo chiedersi “cosa conta davvero in questo mondo?”

Nonostante la serie rifiuti, in qualche modo, la presenza del binomio “male contro bene” il vero “cattivo” della storia, l’anti-eroe, si presenta sottoforma di Beverly Keane interpretata in un tour-de-force impeccabile da Samantha Sloyan. Credendosi Dio sceso in terra, incarna l’arroganza e l’insolenza umana in tutte le sue forme. Non facendosi di certo mancare l’impeccabile fanatismo travestito da devozione.  

È proprio Bev che sceglie e isola i “buoni” dai “cattivi. Certe volte esplicitamente, per esempio chiamando lo sceriffo Hassan (Rahul Kohli) un terrorista solo perché Musulmano. Altre essendo più implicita e viscida, interrompendo lo sceriffo durante una riunione genitori-insegnanti mentre discutono dell’importanza della semantica religiosa. E ancora, facendo commenti passivo-aggressivi sulla gravidanza di Erin e sul fatto che sia una madre single. Beverly, quindi, rappresenta in toto la natura oppressiva del Cattolicesimo, che fonda le sue radici sul conservatorismo e l’esclusione degli “altri”.

Una cosa che non mancherà mai nei progetti di Flanagan sono gli intensi monologhi dei  

personaggi. Lunghi e dalla struttura interessante, tengono in ostaggio lo spettatore fino all’ultima parola, per poi lasciarlo senza fiato. Ogni battuta conta e ha il suo peso. Quando Erin e Riley parlano della morte, poco dopo i sermoni di Padre Paul (Hamish Linklater), le loro parole sono imbevute di amore e sofferenza. Una combinazione che non ci sorprende affatto quando quest’ultimo ammette che dietro le sue azioni c’è l’amore. Amore per la figlia Sarah (Annabeth Gish). Un altro monologo – probabilmente il più sentito di tutta la serie – è interpretato proprio da Padre Paul, durante uno dei suoi incontri con Riley Flynn. Paul fa una semplice e schietta domanda a Riley… ma non vogliamo andare oltre e rovinarvi la sorpresa. 

La genialità, la brillantezza di Midnight Mass stanno nella profondità che le appartiene e il fatto che potremmo parlarne all’infinito. Flanagan ci ha dato la visuale caleidoscopica del mondo che ci circonda, dove tutte le forme e i colori riflettono la propria bellezza. La propria vita. Non basterebbe una vita per commentare Midnight Mass, ed è proprio questo il suo modo di conquistare e agganciare chi sta dall’altra parte dello schermo. Non ti fa la predica ma ti rende parte di essa. Permette di eliminare la natura complicata dell’essere umano per dare spazio al perdono, alla grazia, all’amore e farli diventare l’unico antidoto all’assoluzione.  

Midnight Mass sarà lo spartiacque di Flanagan, ci sarà un prima e un dopo. Una tregua dalle sue storie di fantasmi e jump scares. Una più che dovuta rivalutazione di tutto ciò che l’umanità sta affrontando e superando in questo momento, o almeno ci sta provando.

 

Sofia Cestelli

 

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