
C’era una volta una bambina preziosa…
Rule of Rose recensione – Il titolo di oggi è una vera perla nascosta, ormai considerato alla stregia di un retrogame vista la sua uscita di quasi 20 anni fa e la sua (aimè) scarsa disponibilità oggi. Parliamo di Rule of Rose, un titolo del 2006 uscito unicamente su Playstation 2 e sviluppato da Punchline, una software house non proprio fortunatissima.
Oggi, ad eccezione di emulatori e simili, l’unico modo per poter giocare Rule of Rose è quello di avere la copia fisica (e una Playstation 2 funzionante). Nell’epoca dei remake e delle remastered, Rule of Rose sfortunatamente non è riuscito a far parlare nuovamente di sé e tornare sugli scaffali.
Il gioco è un survival horror atmosferico in cui Jennifer, la protagonista, si ritrova casualmente in un orfanotrofio le cui presenze all’interno sono parecchio sinistre. Dei bambini all’interno dell’orfanotrofio Rose Garden hanno formato un gruppo denominato “Il Club degli Aristocratici” e Jennifer per farne parte deve sottostare ai loro criteri: le Regole della Rosa (da cui il titolo).
Parte così la dolorosa avventura di Jennifer all’interno del Rose Garden, dove scoprirà a sue spese, che anche i bambini possono essere molto cattivi.
Il gioco è liberamente ispirato a titoli come Silent Hill. Infatti, ciò che apparentemente a primo impatto sembra surreale e irrazionale, è in realtà frutto dell’immaginazione della nostra protagonista e plasmato dai suoi ricordi, belli o brutti che siano. Sempre a proposito di ispirazioni, un setup simile lo si trovava già un anno prima con Haunting Ground, survival horror in cui la protagonista (anche in quel caso una giovane ragazza bionda) deve sopravvivere in un ambiente sconosciuto e ostile col proprio compagno a quattro zampe.
Ciò che rende spaventoso Rule of Rose non sono tanto le creature che popolano gli ambienti di gioco e che minacciano la vita di Jennifer ma i rapporti umani tra quest’ultima e gli altri membri dell’orfanotrofio. Gli Aristocratici infatti non nutrono molta simpatia per la povera Jennifer e fanno di tutto per renderle la vita un vero e proprio inferno.
Sevizie, umiliazioni, tradimenti e crudeltà sono tutte parole che rendono molto bene la traumatica permanenza di Jennifer in compagnia degli Aristocratici.
La vera nota dolente di Rule of Rose è sicuramente il gameplay. Similmente al destino che hanno titoli simili del genere, anche in questo caso viene spinto moltissimo il lavoro sulla narrazione e la direzione artistica dell’opera mettendo però in secondissimo piano il gameplay e la QOL (quality of life) del titolo. Il combattimento infatti risulta noioso e ripetitivo, e spesso nemmeno particolarmente necessario (se non durante le boss fight), risultando quindi meramente un’azione di contorno durante tutta l’avventura. Il vero elemento di gameplay che risulta interessante è quello del puzzle solving, quindi tutta quella serie di rompicapo e indovinelli che rendono la parte ludica del titolo un minimo interessante.
Uno dei motivi per cui Rule of Rose fu molto discusso durante il suo periodo di uscita, fu la cattiva pubblicità che la stampa di molti paesi fece sul gioco. In alcune zone venne addirittura bandita la vendita e la distribuzione del gioco!
Ciò accadde perché sfortunatamente l’associazione all’interno di un videogioco (da sempre erroneamente considerato un medium per i giovanissimi) di minori e di violenza su di essi, ha scatenato un enorme polverone attorno al titolo. Una batosta che sicuramente non fece bene alla già bassa fama del titolo.
In conclusione, Rule of Rose si può considerare un titolo maledetto: tantissima bellezza sfortunatamente nascosta da obsolescenza di gameplay, scarsa reperibilità e inutili polveroni mediatici. Rimane tuttavia uno dei giochi più unici dell’epoca Playstation 2 e sicuramente si consiglia (seppur con un po’ di pazienza) di provarlo.
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