
Per la rubrica in collaborazione con la piattaforma streaming horror HODTV oggi proponiamo la recensione di The Forest of the Lost Souls, presente in catalogo su https://hodtv.net/?idPr=WH96P
The Forset of the Lost Souls (A Floresta das Almas Perdidas) è un lungometraggio horror drammatico portoghese del 2017, diretto dal regista José Pedro Lopes la cui storia è ispirata alla foresta di Aokigahara in Giappone, nella quale si verificano un numero altissimo di suicidi.
Ricardo è un uomo di mezza età che si reca presso la Foresta delle anime perdute per togliersi la vita a seguito della morte della figlia. Ma mentre cerca di suicidarsi si imbatte in Carolina, una giovane ragazza recatasi nella foresta per lo stesso motivo. Così i due decidono di posporre il proprio suicidio per conoscersi meglio e parlare delle proprie esperienze, anche se ben presto Ricardo scoprirà che Carolina non è veramente chi dice di essere, e quella passeggiata nel bosco verso il suicidio prenderà una svolta totalmente inaspettata.
The Forest of the Lost Souls, che per la sua durata potrebbe essere un mediometraggio (71 minuti), non ha molto da raccontare, se non una storia di omicidi commessi da una ragazza della quale si sa poco e nulla e i cui moventi sono piuttosto risibili e accennati soltanto verso la fine del film. Probabilmente lo scopo del regista era proprio sottolineare il nichilismo latente della killer, ma anche se così fosse, questo non sarebbe comunque abbastanza giustificato e spiegato. Nemmeno i dialoghi iniziali fra i personaggi di Ricardo e Carolina riescono a dare profondità alle loro azioni, e tutti i discorsi e le citazioni che fanno sul suicidio, che dovrebbero apparire come conversazioni profonde sulla vita e sulla morte, non riescono a trasmettere niente, se non una forte sensazione di superficialità hipster e radical chic, proprio come il personaggio di Carolina.
Allo stesso tempo i dialoghi, che dovrebbero essere il punto cardine del film, poiché l’azione è ridotta al minimo, oltre che apparire eccessivamente costruiti, forniscono un ulteriore senso di pesantezza alla narrazione, diventando oltremodo stancanti.
Lopes decide di puntare su una fotografia in bianco e nero. Ma per quanto questa scelta possa essere funzionale al tema del film, non è sfruttata al meglio e non viene esaltata, con il risultato di sembrare un qualunque film a colori convertito in bianco e nero.
Il risultato è quello di un film fortemente trattenuto – anche per quanto riguarda le scene di violenza – e forse questo era ciò che Lopes desiderava come risultato finale, ovvero un film quasi sospeso, un po’ come lo stato dei due personaggi all’inizio del film, in quell’attimo prima di suicidarsi, al limite tra la vita e la morte.