
Per la rubrica in collaborazione con la piattaforma streaming horror HODTV oggi proponiamo la recensione di Rutabaga, presente in catalogo su https://hnet/?idProdt=WH96Pv.
Rutabaga – C’è qualcosa di strano in quella casa…
In occasione dell’apertura di una nuova pensione situata nella zona rurale della Francia, e allo stesso tempo per sfuggire da una situazione sentimentale tesa e difficile, il giovane giornalista Adrien (Julien Botzanowski) si dirige sul posto per raccogliere le informazioni necessarie per poter scrivere l’articolo promozionale e riflettere sulla sua relazione.
Appena arrivato alla pensione si accorge che c’è qualcosa di strano, dalle frequenti interferenze elettroniche che gli impediscono di completare l’articolo e di avere contatti con l’esterno, alla tenace insistenza dei proprietari Mademoiselle Agathe (Anouchka Csernakova) e Monsieur Pierre (Serge Barbagallo) di soggiornare un giorno in più rispetto ai due giorni pattuiti. Man mano che passa il tempo Adrien scoprirà che dietro a quelle mura della tenuta si nasconde un oscuro mistero che metterà seriamente a repentaglio la sua vita.
Scritto e diretto Julien Botzanowski, il film horror del 2018 Rutabaga è stato non solo il trampolino di lancio della sua carriera cinematografica indipendente, ma anche la dimostrazione di come si può creare un prodotto interessante e suggestivo attraverso l’utilizzo di alcuni semplici elementi cinematografici ben elaborati .
Un esempio concreto sta nell’utilizzo di una luce naturalistica per sottolineare un senso di tensione crescente all’interno della storia. Questo avviene nella scena in cui Adrien ed Hélène (Capucine Lamarque), la cameriera della pensione che ha appena conosciuto, escono silenziosamente dalla sua stanza per trovare qualcosa da bere, e sono illuminati solamente dalla luce di una lampada a olio.
Anche l’ambientazione misteriosa e straniante delle zone rurali della Francia dà il suo enorme contributo nel creare nell’animo del pubblico una sensazione di angoscia latente su quello che sta per accadere allo sfortunato protagonista, e permette allo stesso tempo di entrare in contatto con il suo disagio nell’essere il testimone degli eventi inspiegabili che si verificano.
L’utilizzo di una tonalità di luce più cupa e il fatto di rappresentare la storia in una località sconosciuta suscita una certa curiosità, così come lo stile di ripresa realista che ricorda quello dei film realizzati con la tecnica del found footage, quali il celebre “The Blair Witch Project – Il mistero della strega di Blair” diretto da Daniel Myrick ed Eduardo Sánchez nel 1999, ma un po’ più curato.
L’ambientazione, la luce e lo stile di ripresa contribuiscono a rendere il film più interessante agli occhi del pubblico permettendo di provare una sensazione di ansia. Ciononostante, la mancanza di sviluppo su alcuni particolari della storia (come per esempio la relazione sentimentale del protagonista e la spiegazione di alcuni fenomeni che avvengono all’interno della pensione) e il rallentamento del ritmo narrativo dei primi 30 minuti del film possono confondere lo spettatore, influenzando negativamente la sua percezione nei confronti della vicenda e dell’interpretazione degli attori, i quali possono apparire limitati e rigidi.
La semplicità nel rappresentare la linea narrativa senza l’utilizzo di una complessa retorica riesce ad ovviare questo problema, mantenendo il pubblico abbastanza concentrato da seguire gli eventi narrati senza soffermarsi a trovare un significato preciso ad ogni simbologia o metafora, così come è il decisivo cambio di ritmo della narrazione nella seconda metà del film, che permette agli attori di poter esprimere appieno la loro capacità di rappresentare efficacemente la tensione emotiva degli eventi, e contemporaneamente di incutere nello spettatore la giusta dose di terrore e di angoscia senza essere troppo esagerati o artificiosi.
A dimostrazione di questo fatto c’è la straordinaria performance dello stesso regista e protagonista Julien Botzanowski, il quale riesce a mettere in scena la lenta discesa verso il puro terrore di Adrian. Botzanowski, oltre ad essere naturale, riesce a trasmettere e a far capire al pubblico la sensazione di angoscia provata dal protagonista nel momento in cui percepisce di essere in pericolo di vita, così come Anouchka Csernakova, la severa e inquietante proprietaria della pensione Mademoiselle Agathe, che grazie una semplice sguardo o un lieve ghigno sulla sua bocca riesce a incutere una sensazione di disagio e di terrore nell’animo dello spettatore.
Nonostante i suoi difetti nell’inconsistenza del ritmo narrativo della vicenda e del poco sviluppo di alcuni elementi della trama, Rutabaga è un film che riesce perfettamente a regalare un lavoro coinvolgente e pieno di spunti interessanti grazie all’utilizzo delle luci naturali per accentuare il contrasto con le ombre e creare un’atmosfera più ansiogena. L’ambientazione fuori dai canoni estetici dei tipici film horror tradizionali è in grado di suscitare nello spettatore una buona dose di curiosità senza snaturare sua essenza minacciosa. Buona anche la capacità degli attori di poter suscitare la tensione degli eventi e di trasmettere al pubblico la vera angoscia grazie ad una recitazione naturale e fluida nonostante la lentezza nello svolgimento della storia nella prima metà della storia.
Grazie a queste caratteristiche, Rutabaga è riuscito a presentarsi in modo esemplare nella scena della cinematografia horror indipendente. Sarà interessante seguire il prossimo lavoro di Julien Botzanowski e vedere come si evolverà in il suo stile di produzione e il modo cui riesce a creare film di qualità senza un uso eccessivo di effetti speciali ben elaborati.