
Per la rubrica in collaborazione con la piattaforma streaming horror HODTV oggi presentiamo la recensione di Every Time I Die, thriller paranormale presente in catalogo su https://hodtv.net/?idPr=WH96P
Sam (Drew Fonteiro) è un paramedico che ha una storia con Mia (Melissa Macedo), la cognata del suo amico e collega Jay (Marc Menchaca). La sua relazione segreta con Mia finisce quando Tyler (Tyler Fleming), suo marito e militare veterano torna a casa e Sam è costretto a passare il week-end con loro per il compleanno di Jay. A complicare la questione ci sono i continui blackout di Sam, che gli causano delle forti e prolungate perdite di memoria, insieme al suo disturbo post-traumatico dovuto alla morte della sorella minore, quando lui aveva otto anni. Durante il week-end, Jay, dopo aver scoperto del tradimento e in un impeto di rabbia, uccide Sam. Nonostante sia morto, la sua coscienza continua a vivere attraverso i corpi dei suoi amici, perché Sam è pronto a tutto pur di portare alla luce la verità.
Every Time I Die, film thriller del 2019, diretto da Robi Michael, ha come tema principale lo scambio di corpi e di anime. La trama del film è volutamente fuorviante, e mostra allo spettatore delle mezze verità, servendosi molto spesso di flashback – accade durante i ricordi traumatici di Sam da bambino – per far scoprire ogni volta qualche informazione in più sul passato del protagonista, chiudendo poi la storia e spiegando il significato di questi ricordi sul finale.
Probabilmente sono proprio tutti questi flashback (forse troppi e troppo confusionari?) che, in una durata piuttosto ristretta del film, non concedono il tempo necessario per approfondire le personalità dei personaggi, nemmeno quella di Sam. Il background del protagonista viene sì mostrato, ma nonostante tutto rimane relegato ad un mero atto di sceneggiatura pronto per essere risolto sul finale (che per ovvie questioni di spoiler non sveleremo qui), con tanto di exploit emotivo. In questo modo il personaggio di Sam non è realmente approfondito. Il resto dei personaggi presentano le stesse criticità del protagonista: si ha uno scarso approfondimento e Jay, ad esempio, sembra rivestire il classico ruolo del veterano pazzo e violento.
Il film cavalca un’onda che ormai è già stata esplorata da molti, ovvero lo scambio di corpi e di coscienze. Dalla sua ha il fatto che ha saputo reinterpretare questo topos trasponendolo in un contesto thriller. Tuttavia, Every Time I Die si risolve in sé stesso, e facendo dei salti temporali e dello scambio di anime il suo fulcro, perde di vista un’ipotetica ed auspicabile riflessione sul contesto della morte e del lutto.
Un’interessante riflessione può essere fatta invece sul tema dell’occhio.
L’occhio come immagine è estremamente importante nel cinema, e viene spesso riproposta in vari contesti, il più delle volte secondo un punto di vista esterno. Qui non accade. In Every Time I Die l’occhio è sì protagonista, ma la sua presenza viene concepita come soggettiva. L’allegoria/metafora dell’immagine-occhio si sposta da un punto di vista esterno (ovvero uno sguardo esterno puntato sull’occhio) ad uno interno. Questo tipo di soggettiva viene riproposta continuamente durante il film, specialmente ogni volta in cui la coscienza di Sam passa da un corpo all’altro. Ciò fa sì che un’immagine di questo tipo ricolleghi la soggettiva ad un contesto di identità e di appartenenza, nonché di riconoscimento di sé stessi (spesso la coscienza di Sam si guarda allo specchio ogni volta che cambia il corpo/ospite), che è un altro dei temi importanti del film.
Every Time I Die è un film indipendente low-budget che ha saputo sfruttare il suo soggetto, seppur con qualche difetto. Nonostante questo per gli amanti del genere può essere un valido titolo da aggiungere alla propria lista.