
La periferia di Detroit, Michigan, che ha già fatto da sfondo a film come It Follows e Only Lovers Left Alive, torna ancora una volta in una storia in cui la marginalizzazione sociale rappresentata dall’ambiente suburbano gioca un ruolo silenziosamente importante.
Barbarian, scritto e diretto da Zach Cregger, prende il suo nome da una strada residenziale in un quartiere malfamato, in cui una creatura mostruosa, una vecchia/madre, imprigiona i suoi ospiti/bambini nello scantinato della casa in cui è nata e cresciuta – i cunicoli bui e sotterranei una chiara immagine uterina, metafora della all-devouring mother.
Come nel classico del genere Psycho, anche in Barbarian la casa traveste di ospitalità il suo minaccioso segreto. È infatti su Airbnb che Tess (Georgina Campbell) la prenota per trascorrere la notte prima di un colloquio di lavoro in città. Il primo campanello d’allarme è rappresentato dalla presenza di un secondo e inaspettato inquilino, Keith (Bill Skarsgård). Contrariamente a quanto si potrebbe ipotizzare dalle premesse iniziali, Keith non è il futuro aguzzino, ma un’altra ignara vittima della misteriosa presenza. La madre agisce a metà tra forza sovrannaturale e figura in carne ed ossa – la sua forza è dovuta all’apparenza mostruosa e alla capacità di tenere imprigionate le vittime. La costruzione del personaggio come di sesso femminile non comporta però una costruzione mostruosa della figura femminile in toto; al contrario, è quella maschile a venire caratterizzata in modo estremamente negativo in Barbarian, e questo grazie al personaggio del padre (Richard Brake) e di OJ (Justin Long).
OJ è il proprietario della casa; in seguito ad un’accusa di molestie sessuali, ed in previsione della conseguente perdita economica, decide di partire alla volta della sua proprietà per venderla. Divenuto lui stesso vittima dell’inaspettata abitante, il suo comportamento crea un contrasto con quello di Tess, l’altra prigioniera, e un primo accenno di pentimento verso le sue azioni precedenti – le battute pronunciate vogliono chiaramente, sarcasticamente evidenziare la sua colpevolezza – viene poi smentito dalle azioni. OJ risulta essere il personaggio più interessante del film, in quanto è quello che apporta il maggiore elemento di sorpresa all’interno della narrazione , e le cui azioni creano dei colpi di scena; nonostante questo, è chiaro come la protagonista designata rimanga Tess, la cui appartenenza al genere femminile sembra costituire il motivo di una maggiore capacità di empatia ed immedesimazione nei confronti della Madre, che costituisce una risorsa essenziale per la sua sopravvivenza.
In Barbarian non regna una tensione lenta e logorante, al contrario, i ritmi sono veloci e i climax vengono interrotti dai tagli di montaggio, che spostano bruscamente l’azione da un personaggio all’altro. L’idea su cui il film pone le sue fondamenta è visceralmente orrorifica, e scoperchia le perversioni e la degenerazione dell’essere umano, come venga nascosta agli occhi di tutti, in un quartiere suburbano in cui ognuno pensa di conoscere l’altro, e in cui l’orrore si annida, invisibile e allo stesso tempo sotto gli occhi di tutti, come il degrado di una periferia da cui gli abitanti della città girano alla larga.
La narrazione è dinamica e si lascia seguire facilmente, lasciando momenti particolarmente suggestivi a fare capolino qua e là – come gli inseguimenti in steadycam nei cunicoli, le apparizioni apparentemente minacciose ed inquietanti dei vicini, gli scorci urbani – che vengono però soppiantati dalla scelta più convenzionale di lasciare le redini dell’azione principalmente nelle mani di una protagonista la cui profondità psicologica viene lasciata in secondo piano e che, al di là di qualche colpo di scena, si guadagna un finale poco a sopresa, a suon di slasher e musica pop, elementi ormai già visti che non riescono a lasciare il segno. Peccato, perché altrimenti Barbarian sarebbe stato un ottimo lavoro, tecnicamene ben realizzato e con un approccio originale e affascinante.